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La prefazione del mio romanzo "I SOPRAVVISSUTI DI MARMORA"

(vecchio titolo: Il segreto di Tandor)

PREFAZIONE DELL'AUTORE

 

Nel novembre dell’anno 1974, dall’Osservatorio astronomico di Arecibo, nell’isola di Puerto Rico (a nord del Mar dei Caraibi), lo scienziato Frank Drake spedì, tramite le onde radio, un messaggio nello spazio.

L’astronomo americano, che si avvaleva della collaborazione di Carl Segan, agiva per conto della Nasa, nel quadro del progetto S.E.T.I. per la ricerca di eventuali intelligenze extraterrestri. Il messaggio, scritto in codice binario, conteneva informazioni circa il nostro sistema solare, il sistema decimale, il DNA, oltre che altre significative indicazioni sulla nostra identità.

Anche se taluni sono propensi a credere che una certa risposta possa esserci stata, la scienza ufficiale, a tutt’oggi, non riconosce nessun serio riscontro, ragione per la quale si ritiene che il messaggio, verisimilmente, stia continuando a viaggiare indisturbato, alla velocità della luce, verso l’ammasso stellare M 13 che si trova dentro la costellazione di Ercole distante 25.000 anni luce.

Senza essere stato ancora captato da nessuno.

La storia narrata prende pretesto da tale straordinario evento e, naturalmente, fonde realtà con fantasia. Anche se poi, come si vedrà, più che di fantasia, spesso si tratta di ipotesi e di scenari del tutto plausibili e futuribili.

In questo senso siamo fiduciosi che la vicenda possa apparire come un “laboratorio” dove, in qualche modo, si sperimentano metodi per vivere, per sopravvivere e per comunicare che potrebbero anche riguardarci in un prossimo futuro.

Novelli Robinson Crusoe, ci ritroveremo dentro una valle per ricominciare da capo, utilizzeremo tutte le risorse della natura e tutte le energie dello spirito per affrontare il futuro. Comunicheremo con il codice binario.

Non ci hanno forse insegnato, fin dai tempi della scuola, che questo debba essere il sistema più semplice in assoluto con cui due esseri nell’Universo possono capirsi?

Ecco, percorrendo questa storia, potremo sperimentare le difficoltà che un giorno dovrà affrontare un nostro alter-ego, una qualunque creatura di altri mondi, per interpretare ciò che abbiamo da dirgli.

O magari saremo noi stessi che potremo misurare le nostre difficoltà nel tentare di recepire qualche messaggio arrivato dalle lontane profondità del Cosmo. Credete davvero che tutto questo sia solo ipotetico e improbabile? Non vi sentite già coinvolti in una realtà che soltanto qualche decennio fa sembrava poco più che una favola?

Ovvio che per avventurarci in questi affascinanti territori si siano mescolate Scienza e Fantasia.

D’altronde siamo convinti che fantasia e immaginazione siano sempre stati, non meno del rigore e della logica, i veri motori della conoscenza scientifica.

Non sorprenda perciò il vederci passare da considerazioni scientifiche a fughe tra le stelle, per cavalcare le sconfinate praterie dello spazio e del tempo, laddove il rigore e lo scetticismo della Scienza si possano concedere a noi per la magia di qualche istante, fondendosi con la nostra immaginazione e con i nostri sogni. S.B.

                                                                                                              

 

    

                                         

 

Ecco come comincia il mio romanzo:                                        

                                          Anno 3214, Germania,

                                          al tramonto sul Meno

 

Dan completò la manovra d’atterraggio sul tetto dell’alto edificio. Spense i motori, assicurò il veicolo ai cavi di fissaggio e si avviò agli elevatori.

Ai soldati di guardia fece vedere i propri documenti.

La discesa dal trecentottantesimo piano fino al centoquarantaduesimo, dove si trovava la sua abitazione, avvenne, come di consueto, dolcemente e in pochi secondi.

Sul piano trovò altra gente addetta al controllo. Non militari questa volta, ma funzionari in abito civile, agenti per la Sicurezza.

Da quando lo stato di allerta era stato dichiarato, gli agenti e i soldati stavano disseminati dappertutto. Giunto davanti alla sua porta appoggiò la mano sinistra sull’impianto digitale per il riconoscimento.

Entrò.

Finalmente era al riparo da occhi indiscreti. O almeno c’era da sperarlo.

Si spogliò e si avviò verso la doccia, ordinando a Click, il suo robot domestico, di preparargli il solito intruglio.

L’acqua, caldissima, gli penetrò nella pelle rimuovendo polveri e sudori.

Dopo pochi minuti stava sdraiato tra i divani davanti al grande schermo su cui scorrevano le notizie del giorno. Curioso come si evitasse sempre di parlare dei fatti più gravi: si era sull’orlo di una nuova guerra contro i popoli dislocati oltre le montagne dell’Est e si trasmettevano soltanto notizie di assoluta normalità.

Il servizio riferiva di una visita di routine che le autorità di controllo stavano eseguendo su una delle tante stazioni spaziali che orbitavano a trentacinquemila chilometri sopra il pianeta.

Era stato lassù diverse volte, per scavare e sistemare cunicoli e gallerie.

Sulle stazioni, ogni volta, trascorsi i primi giorni con l’emozione del viaggio e con le novità, tutto diventava incredibilmente grigio e monotono, con quel senso di solitudine e di isolamento che puntualmente si diffondeva trasmettendo a tutti, equipaggi compresi, soltanto angoscia e desolazione.

 Quando non addirittura stati di collera e di ostilità reciproca.

Allora tanto valeva stare più lontano, in una delle colonie spaziali sulla Luna, su Marte o su uno dei satelliti di Giove e di Saturno.

Solo due anni prima era stato su Titano per un lavoro che aveva richiesto un paio di mesi.

Almeno lì i coloni si organizzavano in una vita autonoma, quasi definitivamente sganciata dal governo centrale, con più libertà e con meno nostalgie.

Cercò di rilassarsi.

La giornata, trascorsa a riparare una condotta ai livelli più bassi, era stata davvero pesante.

 Un lavoro duro il suo, sempre impegnato nel sottosuolo della città che si era sviluppata verso il basso almeno quanto lo era verso l’alto.

All’indomani sarebbe stato il suo giorno di riposo, quel che ci voleva per ricuperare le forze.

Fuori il sole era al tramonto e il cielo stava tingendosi di rosso fuoco, riflettendo sul fiume i suoi ultimi bagliori.

Oltre l’ampia vetrata poteva mirare l’incrociarsi apparentemente caotico dei veicoli e dei vascelli aerei che affollavano il cielo della città.

Chiese a Click di cambiare e mettere qualche sequenza di suoni: una nenia si diffuse subito per la stanza, mentre sullo schermo le riprese di cronaca lasciavano il posto a disegni fantasmagorici fluttuanti per forma e colore.

Ora poteva cominciare a riprender fiato. Sistemò i cuscini per meglio distendersi.

Proprio allora, sulla fronte di Click che stazionava in mezzo alla stanza ritto e immobile in attesa di ordini, vide lampeggiare la luce ambra.

Qualcuno aveva registrato un messaggio, qualcuno che era entrato nella sua abitazione: Tandor certamente o un suo fedelissimo, se proprio non se la fosse sentita di venire di persona a causa della malattia che ormai lo stava consumando.

Tandor, l’amico e il collega. Collega, in quel lavoro che li accumunava dentro le viscere della terra.

Amico, da tempo immemorabile: da sempre, veniva da dire.

Entrare, eludendo la sorveglianza e le barriere elettroniche, non poteva costituire davvero un problema per lui o per chiunque egli avesse mandato.

Evidentemente Tandor aveva preferito immettere il messaggio direttamente sul computer piuttosto che trasmetterlo in rete. Le precauzioni non erano mai troppe.

Dan fu percorso da una sensazione che era assai più di un presentimento.

Al comando verbale il robot ruotò di novanta gradi su se stesso e, squittendo alcuni suoni appena percettibili, cominciò a sciorinare, con voce fredda e metallica, a guisa di promemoria, un elenco di impegni da assolvere.

Giusto affinché ci si potesse ricordare delle cose di routine alle quali si sarebbe dovuto provvedere durante la giornata in corso: qualche articolo da comperare, un vestito da ritirare, un pacco da spedire, qualche cibo o bevanda da prendere all’Emporio e altre cose di ordinaria amministrazione.

Un banalissimo elenco di commissioni.

Dan però era consapevole che il significato doveva essere ben altro.

E purtroppo intuiva anche che quel messaggio presumibilmente avrebbe coinciso con l’addio del vecchio amico.

Che se ne stava andando.

Se già non l’aveva fatto, povero Tandor.

Ora Tandor stava mantenendo la sua promessa: lo stava mettendo al corrente del suo segreto, di quello che per tanti anni si era tenuto dentro e che mai gli aveva voluto comunicare.

Per non fargli correre inutili rischi, diceva lui.

In nessun caso le autorità avrebbero consentito la diffusione di notizie di tal fatta, che raccontavano delle loro origini, del loro passato e della loro identità.

Adesso lui ne sarebbe diventato l’erede, per così dire.

Sarebbe diventato il depositario di qualcosa che avrebbe dovuto restare ancora nascosto, almeno fin che i tempi non fossero stati maturi.

Il manoscritto, di cui Tandor sempre gli aveva parlato, ma che lui mai aveva avuto occasione di vedere, era stato trovato dall’amico in modo totalmente casuale molti anni prima, mentre dirigeva certi lavori di scavo. Una raccolta di fogli scritti a matita su una carta giallastra e rudimentale, gli aveva confessato. Da quel giorno la vita di Tandor era cambiata, convinto com’era di doverne diventare il geloso custode.

Dan conosceva bene la zona di quel ritrovamento, una vecchia stazione sotterranea in disuso, dove, a detta di Tandor, altre cose, altri documenti importanti potevano trovarsi celati dalle strutture e dal tempo. Si mise al lavoro. L’elenco delle commissioni e degli acquisti registrato da Click celava probabilmente alcune parole chiave.

Gli fu sufficiente applicare il metodo di decifrazione che tante volte avevano utilizzato per comunicare. Un gioco, nient’altro che un gioco. Ma anche estremamente sicuro. E naturalmente affidato soltanto alla loro memoria.

Si spostò al calcolatore, lo aprì con il suono della voce e digitò la sequenza di numeri e lettere che aveva individuato.

Cinquecento pagine! Da non credere! Tandor aveva sempre parlato di un documento. Soltanto di un documento. Qui c’era un’intera biblioteca! Cinquecento e più pagine! Tutte criptate, naturalmente: una serie infinita di simboli, numeri e lettere che si susseguivano in maniera assurda e caotica.

Un’altra cassaforte! L’ultimo labirinto per arrivare alla meta.

Ma Dan ora sapeva dove andare a parare.

Armeggiò alcuni passaggi, utilizzando ancora qualcuna delle parole chiave che aveva appena estratto dall’elenco, e comandò l’esecuzione finale.

Dopo pochi istanti aveva davanti, in chiaro, l’intero manoscritto di Tandor!

Ma di che diavolo si trattava?

Poteva mai, alla fine, essere nient’altro che un libro… un romanzo, una storia raccontata?

O non era piuttosto una serie di documentazioni, di fatti accaduti.

Impossibile non esser tentati: fece scorrere il file sul calcolatore per spiarlo più avanti.

Incredibile, parlava di esseri alieni fin dalle prime righe!

Che erano scesi sulla Terra nel 2025! Più di un millennio prima! Proprio quando sul pianeta Terra doveva essere accaduto qualcosa di straordinario.

Era fantasia, allora! Perché mai gli aveva parlato di storia? Eppure…

Dopo poche battute, un altro salto nel tempo, adesso nel 2400 (2468, ad esser precisi!), quattro secoli più in là, tutti sotto una cascata dentro una valle di montagna a tentar di vivere, di sopravvivere.

E quegli esseri strani tornati tra le stelle.

Ma si intuivano: avventure, viaggi, scontri e battaglie!

E poi, d’improvviso, non avanti questa volta, ma indietro ora, fino ad arrivare ad ancor prima dell’inizio, nell’anno 2004, dove qualcuno stava scrivendo questa stessa storia.

Ora però riferiva fatti, soltanto fatti, cose accadute per certo.

Sì, va bene, ma allora la gente di un altro mondo… gli alieni… che parte avevano in tutto questo?

Erano forse loro che, ad un certo punto, spedivano nello spazio quegli strani messaggi, utilizzando quel codice bizzarro fatto soltanto di zeri e di uno?

Altri enigmi, dunque, dopo gli enigmi di Tandor. Meglio cominciare dal principio.

Aveva bisogno di berci sopra! Finalmente era venuto il momento!

Di colpo sentì svanire tutta la stanchezza.

.................... ecc. ecc. ..........

                                                         (buona lettura..... sono 708 pagine. Fantastiche!)

 

 

 

 

romanzo di fantascienza

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